Questo l’ho fatto io! O forse no

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Intelligenza Artificiale? In che senso?

Negli ultimi anni non si fa che parlare di IA, intelligenza artificiale. O meglio, intelligenze artificiali.

Mi affido a Wikipedia per la definizione di IA:

L’intelligenza artificiale (o IA) è una disciplina che studia se e in che modo si possano realizzare sistemi informatici intelligenti in grado di simulare la capacità e il comportamento del pensiero umano.
«L’intelligenza artificiale è una disciplina appartenente all’informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.»

(Marco Somalvico)

Definizioni specifiche possono essere date focalizzandosi o sui processi interni di ragionamento o sul comportamento esterno del sistema intelligente e utilizzando come misura di efficacia o la somiglianza con il comportamento umano o con un comportamento ideale, detto razionale:

  • Agire in modo analogo a quanto fatto dagli esseri umani: il risultato dell’operazione compiuta dal sistema intelligente non è distinguibile da quella svolta da un umano.
  • Pensare in modo analogo a quanto fatto dagli esseri umani: il processo che porta il sistema intelligente a risolvere un problema ricalca quello umano. Questo approccio è associato alle scienze cognitive.
  • Pensare razionalmente: il processo che porta il sistema intelligente a risolvere un problema è un procedimento formale che si rifà alla logica.
  • Agire razionalmente: il processo che porta il sistema intelligente a risolvere il problema è quello che gli permette di ottenere il miglior risultato atteso date le informazioni a disposizione.

 

L’intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi poiché manifesta aspetti etici oltre che teorici e pratici.

 Stephen Hawking nel 2014 ha messo in guardia riguardo ai pericoli dell’intelligenza artificiale, considerandola una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità.

Che fine fa l’uomo?

E in effetti la sempre maggiore complessità degli algoritmi ci permettono di sognare un mondo in cui le macchine risolvono molti dei nostri problemi.Nuovi medicinali, demotica intelligente, sistemi agricoli efficienti: i campi di applicazione sono praticamente infiniti.

Ovunque l’uomo deve affrontare problemi molto complessi da IA potrebbe far addirittura meglio del nostro ormai vetusto cervello.

Certo, mi si perdoni la semplificazione, per “insegnare” alle macchine cosa fare occorre ancora l’uomo e il suo input anche se non mancano i primi esempi di IA che si autoaddestrano. Lo scopo chiaro è quello di rendere l’uomo, l’utente, inutile nel processo.

AI e creatività

Al momento siamo ancora molto lontani da questa apocalittica meta ma grandi passi sono stati fatti.

Ma cosa accadrebbe se applicassimo l’IA a quei campi che ci rendono “umani”, che richiedono sensibilità e creatività?
Già da tempo esistono software che promettono di scegliere la foto migliore tra quelle scattate, scartando le mosse o quelle con gli occhi chiusi. Gli editor si fanno sempre più intelligenti cercando di avvicinare i nostri scatti a un concetto “condiviso” di buona foto, basandosi su modelli precisi e canoni stabiliti da altri fotografi.
Ma se io volessi realizzare una foto mossa? Se volessi rompere con le regole standard della fotografia? Non è questo in fondo il concetto più profondo di arte?
Lo stesso approccio viene utilizzato in numerosi plugin musicali per il mix e Mastering di brani.


Ormai affermare che un software è guidato da un’intelligenza artificiale è anche un ottimo strumento di marketing. Sarà perché ci deresponsabilizza e non ci obbliga a prendere decisioni artistiche a volte anche difficili?

Ma se gli editor si limitano a intervenire in una fase successiva del workflow creativo senza incidere sulla realizzazione dell’opera. Che succede se la macchina riuscisse a usare la creatività realizzando da (quasi) zero un’opera?

Questo sembra l’anno giusto per farsi questa domanda.

Alcuni esempi.

Già da qualche anno Google – e chi sennò – aveva sviluppato e presentato un motore IA capace di creare, partendo dall’input dell’utente delle immagini oniriche.

Deep Dream, era questo il nome evocativo, utilizzava una rete neurale convoluzionale per creare effetti allucinogeni che assomiglino a sogni, tramite una pareidolia algoritmica.

Il risultato era talmente efficace che addirittura importanti riviste scientifiche come Entropy avevano effettuato studi per comparare gli effetti delle immagini generate da Deep Dream con quella derivante dall’assunzione di sostanze psichedeliche tra cui LSD e psilocibina.

Ma il gigante di Mountain View non è certo il solo che sta lavorando in questo senso e dovrebbe essere prossimo all’uscita la promettente Imagen: IL motore di Google che promette un fotorealismo senza precedenti. D’altronde Google ha il servizio “immagini” da dare in pasto alla macchina.

Negli ultimi mesi si stanno moltiplicando gli annunci di piccole e grandi startup decise a lanciare i loro prodotti nel mercato e battere la concorrenza.

Negli scorsi giorni l’ultimo annuncio: Stable Diffusion, uno dei motori più innovativi, ha rilasciato la sua prima public release.
E prima di Stable Diffusion era il turno di MidJourney.

In attesa di quello che promette essere il motore più potente, Imagen di Google, è già possibile cominciare a provare questi strumenti che promettono la realizzazione di immagini partendo da una descrizione inserita dall’utente.

Le possibilità, come recita il Dischord di MidJourney, sono davvero infinite. È praticamente possibile inserire qualunque testo e darlo in pasto alla macchina per vedere realizzata la propria opera.
“Propria” forse non è il termine giusto ma ne parleremo più aventi.

Stili, tecniche e tutta la storia dell’arte.

Quello che impressiona di più è la possibilità di ricalcare stili più o meno famosi. Puoi chiedere alla macchina di realizzare quadri con lo stile di Van Gogh o di Leonardo e la macchina eseguirà tutto sommato un buon lavoro andando a pescare all’interno di modelli complessi basati su opere reali.

È la fine della figura dell’illustratore? Assolutamente no, le immagini prodotte dalle IA per quanto strabilianti tendono ad avere stili molto simili tra loro, scarsa definizione di dettagli o addirittura parti senza senso.

Però il lavoro è davvero notevole e sta cominciando ad appassionare migliaia di artisti digitali in erba e non. Esistono ormai numerose comunità e gruppi Facebook in cui non si parla d’altro. Tutti esaltati da queste eccitanti novità.

Al momento continueremo a disegnare le nostre opere ma le immagini prodotte sono assolutamente credibili e utilizzabili! Qualcuno comincia a chiedersi come inserire però questi strumenti nel proprio flusso di lavoro. Potrebbero, ad esempio, essere validi sketch book, modi per realizzare bozzetti?

Per qualcuno la risposta è sì. Ma così stiamo superando la soglia di cui si parlava qualche riga fa: vogliamo davvero lasciare alla IA la parte creativa per focalizzarci sulla realizzazione tecnica?

Al momento questi strumenti mi lasciano più domande che risposte: di chi è la proprietà intellettuale delle opere realizzate? Di chi detta un testo o della macchina? Ammesso che una macchina possa detenere diritti d’autore.


Se siete curiosi è possibile utilizzare già alcuni strumenti. Normalmente il modello di business è quello freemium. Sarà possibile realizzare un numero limitato di immagini ma per conoscere davvero a fondo lo strumento è previsto un piano a pagamento. Anche perché, visto l’uso intensivo di GPU e l’aumento dei prezzi legati alla crisi energetica, i costi di esercizio tenderanno a salire sempre più. Esattamente come sta accadendo con i BitCoin.

Diamogli comunque una possibilità, chi non sa disegnare riuscirà a realizzare delle bellissime opere frutto della propria immaginazione. Una cosa mai vista nella storia dell’umanità.